fortificazioniMemoria sui lavori difensivi eseguiti sul Grappa prima di Caporetto

Antonio Dal Fabbro (Milano 1866 – Belluno 1929), sottotenente del genio venne promosso tenente nel 1888 e l'anno successivo assegnato al 4° reggimenti genio pontieri e trasferito nel 1893 alla direzione del genio di Verona. Prese parte alla campagna d'Africa, rimpatriato venne destinato alla direzione del genio di Messina ove progetto e diresse la costruzione del Santuario di Antemare e la strada Peloritana. Nel 1900 ritornò al 4° genio pontieri e nel 1901 venne promosso capitano a scelta per esami. Nel 1903 venne destinato all'Ispettorato generale del genio e poi alla sotto direzioni di Udine e Belluno dove dal 1905 fino allo scoppio della 1ª guerra mondiale diresse la costruzione dei forti Cima Campo, Cima LAN e Lisser e delle difese campali nella val Brenta – Cismon; nel 1910 venne promosso maggiore a scelta per meriti eccezionali e tenente colonnello nel 1914. Allo scoppio delle ostilità fu comandante del genio della Fortezza Brenta – Cismon e poi della 15ª divisione.

Nel settembre 1915 divenne comandante del genio del V° corpo d'armata e venne promosso colonnello. Nel marzo 1916 fu trasferito in qualità di comandante del XVIII° corpo d'armata, nel giugno successivo divenne il comandante del genio del Comando Truppe Altipiano (C.T.A.) e poi della 6ª armata dove rimase fino al marzo 1918.  Nel luglio 1917 venne promosso colonnello brigadiere. Nel marzo 1918 venne trasferito al comando generale del genio in qualità di capo del 1° ufficio lavori dove rimase anche dopo la fine della guerra per assolvere il compito della ricostruzione dei territori bellunesi.

trincea 1 150x222 a0bfc27b3b75458ddd57d9ce39488e31Il comandante di compagnia e i comandanti di plotone stabilivano il tracciato della linea, le opere di fiancheggiamento e gli ostacoli, il profilo dei ripari, la distanza e il numero delle traverse e altre opere complementari; infine indicavano l’andamento dei camminamenti.
La trincea doveva adattarsi al terreno, seguendo un andamento irregolare, in linea retta per ottenere il fiancheggiamento, cioè poter colpire la posizione nemica di fianco, nel senso della sua maggior lunghezza.
Il percorso non doveva, quindi, avere punti con angoli troppo acuti. Le sporgenze lungo il percorso della trincea erano postazioni per le mitragliatrici o piccoli mortai per un tiro di “fiancheggiamento assoluto”.
Su molte trincee si può ancora scorgere la traccia dello scalino che serviva ai soldati per appoggiarsi per il tiro radente. Talvolta sul gradino si teneva pronto uno scudo d’acciaio da mettere a posto sul parapetto per riparare il tiratore. La larghezza della trincea doveva essere non più larga di quanto occorreva al soldato in completo assetto a passare senza difficoltà. Ogni 20-30 metri veniva scavata nella parete una nicchia ove i soldati potevano scansarsi per non intralciare il trasporto dei feriti. Per ripararsi dalla pioggia, dal vento e dalla neve, si adoperavano tavole rivestite di carta catramata, poi ricoperte di terra e sistemate in modo da poterle togliere con rapidità.


A ogni tratto di 10 metri coperto, doveva seguirne uno di 20 metri scoperto. Per tenere asciutta la trincea, si provvedeva allo sfogo dell’acqua con piccoli canali in lieve ma continua pendenza. Le norme del comando della Quarta Armata indicavano che i ricoveri fossero scavati nelle scarpate di trincea con l’entrata mai rivolta al nemico e a una certa profondità sotto il parapetto. La scarpata interna della trincea, che doveva essere molto ripida, era rivestita con tavole, graticci, reti metalliche e pali.
A 30 metri dalla trincea venivano infine posti degli ostacoli: i reticolati erano i più efficaci. Per non danneggiare o impedire il tiro, i reticolati erano disposti all’altezza di circa un metro, fissati su paletti con filo di ferro poco teso e non troppo intrecciato.

Dolina 921471043TERRA DI NESSUNO… Autunno 1917 alture dei sette comuni.
Dopo l'offensiva dell'autunno del 1917, l'avanzata delle truppe austroungariche si era arrestata. Ora anche la zona di Belluno era occupata dall'imperial-regio esercito della monarchia danubiana. Sulle alture dei Sette Comuni infuriavano ormai le intemperie; lunghe nevicate e piogge torrenziali sferzavano a ritmo alterno le varie postazioni militari. Gli avvallamenti si andavano sempre più riempiendo di neve e il sole non era più in grado di far fronte ai primi rigori dell'inverno imminente.
Nelle trincee della prima linea si trovava una compagnia alpina di Kaiserschützen. Il monotono servizio quotidiano l'aveva ormai costretta a subire apatica l'irrigidimento d'una estenuante guerra di posizione. Alle poche ore di riposo nell'umidità delle caverne, seguiva un turno di guardia in trincea. Fra i sacchi di sabbia, a distanza irregolare erano collocati gli scudi di protezione con feritoie strette che permettevano ai tiratori scelti di spiare il nemico e di puntare con massima precisione i loro fucili dotati di dispositivi di mira a cannocchiale.